Lorenzo Mari – Soggetti a cancellazione

Foto di Italo Zannier

In questo libro sono contenuti «diversi QR code, alcuni dei quali rimandano a dei luoghi che sono – anche questi – soggetti a cancellazione».
È un libro che contiene citazioni da un sonetto di poeta siciliano anonimo pubblicato nel 1857, da Vaiasseide, poemetto eroicomico di Giulio Cesare Cortese, da due dischi di Rosa Balistreri, la traduzione di tre dei cinque sonetti del poeta spagnolo Carlos Salomón e altro ancora.
Nelle note biobibliografiche si legge: «Lorenzo Mari vive e lavora a Bologna. Forse.».
Il libro di cui si parla è Soggetti a cancellazione, di Lorenzo Mari, il quale è poeta, saggista e traduttore, uscito nel 2022 per Arcipelago itaca, nella Collana Lacustrine diretta da Renata Morresi.
Ci sono cancellazioni e correzioni, note a margine che sono veri e propri testi e testi che somigliano ad annotazioni: nella complessità del lavoro di Mari, con la sua scrittura orizzontale e trasversale che scompagina il lettore, sta anche il fascino di questa raccolta che, per dirla con Daniele Barbieri, «produce vertigine».
Soggetti a cancellazione è tra le opere segnalate al Premio Bologna in Lettere 2023, Sezione Opere edite.
Ecco che cosa scrive Daniele Barbieri nella sua nota critica scritta per Bologna in Lettere: « […] Un monte di cocci semantici, ma anche reali. Forse quanto di più vicino si possa immaginare all’impossibile litteralité di Jean-Marie Gleize, dove le parole si sono fatte cose, e vivono nel mondo, o fingono di vivere nel mondo. Ma il prezzo della possibilità della litteralité è che tutto sia già intrinsecamente testo, che il mondo già lo sia in sé. E allora l’operazione dell’artista sarebbe solo quella di ritagliare, di scegliere cosa è pertinente, cosa entra nel discorso che si sta facendo adesso – un po’ come quando il fotografo inquadra un pezzo di realtà e, almeno visivamente, la riproduce, ma lascia fuori tutto il resto. Gli archeologi scavano nel monte dei cocci alla ricerca di indizi di epoche lontane. Della nostra epoca nel libro di Lorenzo Mari gli indizi sono tantissimi, verbali come visivi e anche sonori. Il poeta – perché comunque di poesia si tratta – sceglie soggettivamente gli elementi della sua straniata oggettività (oggettualità). Naturalmente non mancano gli oggetti autoriflessivi (in fin dei conti sempre di un testo si tratta, nonostante tutto): se “la lotta con i pronomi contro i pronomi / non basta non può bastare” è perché la poesia (qui come altrove) non è solo ciò che si legge, ma anche quello che si vede sulla pagina, quello cui essa si lega nel mondo. La nostra lingua non può fare a meno di pronomi, ma la parola non è tutto, e uscire dalla lingua (o almeno procedere nella direzione di una uscita) è uno dei modi per cancellare i pronomi, primi tra tutti quelli che esprimono il soggetto. Cancellare il soggetto è però cancellare il punto di vista, la prospettiva, è creare una visione cubista del mondo, mondo a sua volta. Lo si può fare e insieme non lo si fa. Soggetti a cancellazione abita questo impossibile aleph. Per questo produce vertigine.».
Qui il link per accedere alla nota completa.
Ed ecco di seguito una breve selezione di testi tratti da Soggetti a cancellazione.

Da Délibáb:

Nei corpi che reclamano senza voce
dai campi elisi e uguali, partiti
nel mezzo – la nostra ansia è piccola
per le sirene senza apocope o cata-
lettiche e perciò continue:
se non hanno che una minutissima
divisione nel finale non dicono
chi per loro ha disegnato
l’incommensurabile spazio: l’epi-
strofe – chi ne ha parlato
serenamente e senza danno – chi è rimasto
dopo una virgola e si è fatto cata-
basi, senza una risposta.
La nostra ansia non si qualifica
ma vuole interrogativo adeguato
per il nulla – cata-
lisi dello stesso corpo. La nostra ansia
è ciò che resta grande: oracolo cata-
diottrico
.

§§§

Nel baratro con la divinità
nella notte oscura con la divinità

accucciate belve sottili
il rosario è quel che si canta

con le viscere non più dentro e le palle di
sego non più dentro perché bruciati occorre comunque

camminare e perdere organi dal
corpo per fare nuove le candele allo scopo di

spegnere ancor di più il buio che non
ci farà prede dove fievoli comprendiamo

il nostro equivoco soltanto quando
proferiamo parole, nella luce

diciamo che – pur se deboli –
non ci faremo prede: oggi –

neppure per denaro diciamo mentre
domani per denaro diciamo che

ci faremo prede, e nella
luce. E per

sempre.

§§§

Da Il conto del servo:

terra che non senti terra
che non desideri
desiderio né sangue
oppure terra rossa e sangue
alto oppure: desiderio
nero e hai detto tutto
del vulcano e dici dunque
etna e poi ancora
terra come chi ha tempo e non aspetta
terra per il ritorno alla
terra come se non fosse volare sulla
lingua che è di fuoco ovvero di
brace come se non fosse planare
al di sopra: giusto un poco
sfiorare una
terra nella mano una
terra nella testa nel capo nel gesto
nel verso una
carezza: che non senti
terra e poi la ribalti se hai capito
quando è coscienza ovvero è giusto
la terra che rovescia la terra e la
brace per morire in una grandissima
fossa
quando questa
è rivoluzione della terra
ovvero altro, quando il sangue
è stato alto e la parola
sempre e soltanto di rincorsa

§§§

Da Vertigo/Lai:

(tarsia, più che coro)

Fine scandisce per segno e lambisce
verso a ritroso che porta riposo:

ritrarsi sùbito, qui, oltre l’esito –
ritratto niente, qui, audacemente –

poi sopra e sotto c’è un vaso che è rotto
composto in oro: c’è poco decoro

un monumento che è uno: fuori al vento
al guano alla neve e non meno breve

oblio dice uno: mi contraddice
si contraddice non sente ma dice

le statue al centro noi spettri ma dentro:
non altro, né poco; non tutto e un buco

§§§

Temo di uscire là sulla soglia
dove l’osservazione e chi osserva
si separano in fretta e non si lascia spazio
alla stanca deriva e più non si lascia
essere la vita con tutta l’angoscia
e non mezza, né l’una
né l’altra, come sempre:
là sulla soglia non c’è
alternativa – meglio, quindi,
ritirarsi verso l’entroterra
versarsi da bere fumare
assumere la posa che si necessita
ancora parlare ancora
parlare e la vita lasciare
in angoscia perché
o per chi si perita
di parlare parlare
e parlare una lingua
che al fondo della terra
nelle viscere forse
non è diversa
da una lallazione da
un finissimo ossesso da
una ninna nanna.

§§§

Cercato sirene tanto forte e a tal punto che sono
janas. Case distrutte dall’apertura di ventre

che non coincidono né con la fine della terra
né con la fine della roccia (di soppiatto

quando si parla di fine terra e di fine roccia
esse infine sono costituite affatto

diverse), case restituite che mai
sono sparse: in alcuni paesi janas sono

maschi. E le porte,
chiedono, le finestre?

E quella musica, Maria, se non sono
sirene ma janas – quei telai?

(Lorenzo Mari, Soggetti a cancellazione, Arcipelago itaca, 2022)

Lorenzo Mari (Mantova, 1984) vive a Bologna, dove insegna lingua inglese nelle scuole secondarie di secondo grado. È autore di alcuni libri di poesia: libere sequele (Gazebo, 2004), pellegrinaggio senza Endimione (Inventario Senese, 2007), Minuta di silenzio (L’Arcolaio, 2009), Nel debito di affiliazione (L’Arcolaio, 2013), Ornitorinco in cinque passi (Prufrock Spa, 2016), Querencia (Oèdipus, 2019) e Tarsia/Coro (Zacinto, 2021). Ha pubblicato i saggi Forme dell’interregno. Past Imperfect di Nuruddin Farah tra letteratura post-coloniale e world literature (Aracne, 2018) e Il taccuino dell’intellettuale. Disegno e narrazione nell’opera di John Berger (Mimesis, 2020). Ha curato le antologie di saggi Subalternità italiane. Percorsi di ricerca tra letteratura e storia (Aracne, 2018, con Gabriele Proglio e Valeria Deplano) e Il presente di Gramsci. Letteratura e ideologia oggi (Galaad, 2018, con Marco Gatto, Paolo Desogus e Mimmo Cangiano). Nel 2019 ha pubblicato il racconto Via Mascarella alta e bassa per le autoproduzioni della Libreria Modo Infoshop di Bologna. Traduce dallo spagnolo e dall’inglese: tra le traduzioni più recenti, Sonetti teologici (L’Arcolaio, 2019) di Agustín García Calvo, #Misantropocene. 24 tesi (Modo Infoshop, 2020) di Joshua Clover e Juliana Spahr e Trilce (Argolibri, 2021) di César Vallejo. Ha curato l’antologia del poeta cileno Raúl Zurita ZURITA. Quattro poemi (Valigie Rosse, 2019), nella traduzione di Alberto Masala. Ha collaborato con le riviste Tabard, IRLP (In Realtà La Poesia) e Carteggi Letterari; collabora con PULP Libri, Argo, Fata Morgana Web, Le Nature Indivisibili e Jacobin.

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