Roberto Ariagno – Il tempo di una muta

Foto di Alan Schaller

Con Il tempo di una muta (Edizioni Kurumuny, 2020) di Roberto Ariagno, Tragico Alverman conclude la rassegna dei testi finalisti e segnalati all’edizione 2021 del Premio Bologna in Lettere, nella sezione Poesia edita.
Riporto di seguito un breve estratto dalla nota che ho scritto per Ariagno in occasione del Premio e intitolata Roberto Ariagno o la poesia del transito: nota su Il tempo di una muta: “ […] si potrebbe parlare della poesia di Roberto Ariagno come di una poesia che illustra e scandaglia il passaggio, inteso come movimento o spostamento da un luogo all’altro, ma anche come mutamento (esteriore e interiore) dell’essere umano, per arrivare a definirla (forse un azzardo, ma non credo) poesia del transito.
Non è un caso che questa parola la si trovi subito, nel testo che apre l’intera raccolta a pagina 13, nel verso
le facciate mosse da un transito di luce, per ritrovarla poi verso la fine, a pagina 68, nella citazione in esergo di Franco Fortini, tratta da Le mani di Radek che recita: …nella misura in cui sono le più chiare figure del transito e del mutamento, essi sono il nostro futuro, occupano un luogo al quale ancora dobbiamo venire.
Era presente, la parola transito, anche in
Disarmare il nome, per l’esattezza due volte: a pagina 14 (il transito sordo / delle intenzioni e dei vicoli) e a pagina 71 (e dalla tua finestra vedi che ricomincia / il transito lungo i canali) più una terza presenza nella forma plurale, a pagina 49 (i borghi / sulle alture centrali le cui vie salgono / a transiti inattuali).
Troviamo sei volte la parola via e cinque volte strada: nei versi di Ariagno l’idea di movimento, o più propriamente di attraversamento, è costantemente presente, in bilico tra passato e presente, tra cronaca e memoria.”

Di seguito il link con la nota completa pubblicata sul sito di Bologna in Lettere: http://www.bolognainlettere.it/2021/11/18/roberto-ariagno-o-la-poesia-del-transito-nota-di-enea-roversi-su-il-tempo-di-una-muta/

E qui invece una breve selezione di testi tratti da Il tempo di una muta.

Dalla sezione Nel mordere dell’aria:

sotto le nuvole l’azzurro, il ferro del paese
le corse per la muta, la peristalsi, è qui
che morde la primavera, agli inizi della conoscenza
(il vento sui piazzali
le facciate mosse da un transito di luce
quando la fame era già manifesta
e una corrente agitava i risvegli

poi la svolta di un’allegria
se dai corridoi esterni portano aria
schiudono gli spazi tra le parole
zitti riempiono di bianco la stanza

* * *

perché il paesaggio è già sintassi, procede
costante, da una retrovia discosta lascia molliche
freddo alle partenze, la salvezza mutevole
degli equinozi (sarà una vigilia marginale
a ripiegare in boschi cedui, per valichi interni
i carteggi esauriti in fumi accorti, nei roghi
lenti dei passaggi secolari, e la memoria dell’erba
l’aria che al mutare dell’angolo sapeva tutto

così diminuisce lo scarto, si defila in pietra o vento,
muta in figura o specie impronunciabile
a ricucire il vuoto di memoria

* * *

Dalla sezione Il metallo dietro le cose:

la verità entra col freddo, è terra aspra
riparo nella discesa, fugge (l’odore
di un’altra vigilia, di ferro lontano
vigne, cucine spalancate
fugge l’esatto
la pioggia sul sabato, l’impazienza del giorno prima
quando era chiaro e non potevi non sapere,
qui restano mura lucide, un filare muto
la luce netta davanti alle cose

ma parlerà
comunque, vento o respiro
dalla calma dell’assedio
nella cornice vuota dei risvegli

* * *

Dalla sezione Sapere il tuo sale:

a G.

la certezza del corpo è persa
tra gli spigoli dei giorni, parli poco
non ti muovi

nel battere che continua senza posa
aumenta la distanza, la sudi
questa falsa immobilità, questa parvenza laterale

ti fermi al poco che è certo e prossimo,
il pasto, la poltrona, un letto caldo,
dismetti le stanze esterne, cominci a ritornare

* * *

si arriva al limite del golfo, si scende
restano tracce di pioggia su tavoli e sedie

dalla terrazza vediamo il molo
poi il riflesso sul vetro si allarga lento,
la fine di agosto pesa sulla piazza

ordiniamo in silenzio, senza fame

* * *

Dalla sezione Un andare svelto incontro alla resa:

il limite tra pomeriggio e sera
in cui la variazione della luce
è il passaggio a un altro stato

li vedi al fondo del cielo
i bidoni intorno a cui si raccolgono
gialli, volatili, sfiniti come una febbre,
macchie di luce breve accendono
di qualche barbaglio le lamiere
i muri umidi, i sottoscala

varianti minime di una stagione buia

(Roberto Ariagno, Il tempo di una muta, Edizioni Kurumuny, 2020)

Roberto Ariagno nasce a Torino nel 1969, ma da alcuni anni risiede a Rivoli, dove lavora come insegnante nella scuola media.
Tra gli anni Novanta e l’inizio del nuovo secolo partecipa a diverse iniziative della città di Torino legate alla poesia. Nel 1994 una sua silloge di inediti viene segnalata al Premio “Montale”. Ha pubblicato La sposa boreale (Book, 1997), con una nota di Giorgio Luzzi, e Disarmare il nome (Italic, 2017), che ha ricevuto riconoscimenti in alcuni concorsi nazionali. Suoi testi sono comparsi su riviste e blog.
Oltre alla poesia si è dedicato al teatro a livello amatoriale. Si occupa di scrittura e produzione audiovisiva in una società indipendente che ha contribuito a fondare.

In copertina: “L’ultima ora”
(Incisione a rilievo su gomma. Stampa su carta Pantone)
di Valentina Sacripante, 2017

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