Cristina Bove – La simmetria del vuoto

Bice Lazzari - La linea rossa (1966)
Bice Lazzari – La linea rossa (1966)

Cristina Bove, una vita sotto il segno dell’arte: si è dedicata infatti alla scultura, alla pittura, alla scrittura e negli ultimi tempi pure alla fotografia e all’arte digitale.
Nelle sue note biografiche si legge. “Scrivere è per lei una sorta di rispetto per la propria e altrui memoria, un fissare con la parola il pensiero affinché non si disperda e renda sacralità alla vita. Considera la poesia un linguaggio universale: l’esperanto dell’anima.”
La raccolta poetica La simmetria del vuoto (Arcipelago Itaca, 2018) contiene la prefazione di Anna Maria Curci, da cui estrapoliamo questo passaggio: “C’è un verbo che associo alla poesia di Cristina Bove e che si addice in modo particolare a questa raccolta, _La simmetria del vuoto_ . È un verbo che appartiene alla lingua tedesca e, come spesso accade per i passaggi da un idioma all’altro, racchiude molti significati che non possono essere resi con un solo verbo italiano. Il termine tedesco è schweben, e vuol dire stare sospesi, librarsi, così come, pure, oscillare, fluttuare. Ecco, la dimensione nella quale si muovono e alla quale permettono di accedere i versi di Cristina Bove è sicuramente ‘oltre’, al di sopra (si pensi al “canto al di sopra della polvere” dei Canti lungo la fuga di Ingeborg Bachmann), si muove, si libra, sorvola, conservando tuttavia la piena consapevolezza del bilico perenne, della sospensione su un abisso che può essere fatale, o lo è già stato e dunque si spalanca nell’indaffarata noncuranza della maggior parte dei viventi.”
Cristina Bove è fondatrice e curatrice del blog “Il giardino dei poeti”.
Di seguito una breve selezione di testi da La simmetria del vuoto.

Underground

Semiviventi
in quanto a credenziali
saccenterie tra stipiti e stuoini
tra le mani vetrini scoloriti
e sulla testa zucchero filato
o lucidezze d’alopecia a chiazze

a un tavolo _ di sbieco _
seduti fanti e santi protettori
e nella poca luce
sedimentate a vita, ombre platoniche
di cui niente si sa, niente si evince
se non la finitezza d’ogni sorte

dagli ibridi parlanti dalle parole obese
dalle folle discromiche
mi allontano _ spossata _
vestita solamente del mio dire
ché preferisco tinte delicate
se proprio devo esprimere un pensiero

* * *

Cominciò da lontano

Il tempo: un trampolino per il salto
una lunga caduta all’incontrario
e nel precipitare verso l’alto
volava capovolta
e invece d’atterrare attraversò
galassie e stelle

con anime faville
accesero le luci d’un salotto
che s’affacciava sopra la via lattea
_ in un abbraccio ch’era sospensione _
un ritrovarsi nell’immenso

la musica diceva
il coro delle voci accompagnava
e per un po’
fu il cielo a soggiornare nella stanza

* * *

Maestri (s)concertatori

Navi da golfo mistico
in avaria le cavità metalliche
tambureggiare sviolinare stridere
orchestrazioni di massa
un emiciclo di ripercussioni
nella platea degli uditori

chi rimaneggia note e noterelle
critiche altisonanti e liste per la spesa
e chi attraversa l’opera remando
da fine settimana a fine settimana
_ o week end, come vi pare _

lustrare gli occhi sparsi di chi sa
che tutto muore
come le note già suonate
nella toccata e fuga da sé stessi

dopo la pioggia e il sale
un arc-en-ciel che ride di perversa virtù
avvisa naviganti e suonatori
che s’è svuotato il mare

* * *

I pesci combattenti

Buttarli via con l’acqua della boccia
con poetico garbo
giusto per terminare il ciclo delle
guerre nella casa di vetro
a colpi di pinnate contrapposte
con buoni pasti e posti per la claque

i betta splendens
abboccano alle mezze verità
_ l’intera è degli eroi del lunedì _
e le livree policrome sbiadiscono
alle maree dei capoversi
nella moria di verbi inabissati

ma ritornano a galla
resuscitati dalle proprie spoglie
annunciano profeti di battaglie
portati a riva da barche di carta

* * *

Il senso e la ragione

Il rischio di venire ai ferri corti
in sala eventi
_ viene addestrato il personale _
è conseguenza di una vita a tagli
un sistemapaziente di lampade scialitiche
che ti scompone in luci senza ombre
un numero per nome

non necessariamente apprendi il sonno
si può restare svegli guardandosi dall’alto
:un corpo estraneo
che appartiene alle lame agli aghi ai fili
ed alle mani del ricamatore

sei la tua mente fuori tempo
il pensiero sovrano _ un sole fisso _
che ti consegna alla malinconia
di sapersi distante
di constatare d’essere e non essere
contemporaneaMente

(Cristina Bove, La simmetria del vuoto, Arcipelago Itaca, 2018)

Cristina Bove è nata a Napoli nel 1942 e vive a Roma dal 1963.
Si è occupata di pittura e scultura; negli ultimi tempi si dedica alla scrittura, alla fotografia, all’arte digitale.
Ha pubblicato i romanzi Una per mille (Edizioni Smasher, 2013) e Riedizione (Fusibilia, 2016) e le raccolte di versi Fiori e fulmini (Il Foglio Letterario, 2007), Il respiro della luna (Il Foglio Letterario, 2008), Attraversamenti verticali (Il Foglio Letterario, 2009), Mi hanno detto di Ofelia (Edizioni Smasher, 2012) e Metà del silenzio (in e-book, Edizioni Pibuk, 2014).
La sua opera è presente in antologie, blog, siti e riviste online.
Qui Il link per il suo sito personale e qui il link per il blog “Il giardino dei poeti”.
la_simmetria_del_vuoto_1080x

9 Comments

  1. Ciso Cristina
    è un piacere ritrovarti, non so se ti ricordi di me, ai tempi di splinder ( principiante di parole) il mio blog era “un filo di versi” ero amica di Domenica Luisa. Con queste chiusure di blog vi ho perso di vista. Come stai e Domemica Luisa?
    Complimenti ottimo brani che bello rileggert!!!
    Un abbraccio
    Chiara

Lascia un commento