Francesco Maria Terzago – Caratteri

Richard Tuttle - Letters (The Twenty-Six Series) (1966)
Richard Tuttle – Letters (The Twenty-Six Series) (1966)

La raccolta poetica Caratteri, di Francesco Maria Terzago, dapprima uscita come plaquette auto-prodotta, poi pubblicata da Vydia Editore nel 2018, comprende poesie scritte tra il 2006 e il 2016: parte di queste poesie erano già state pubblicate precedentemente in antologie e riviste letterarie.
Nel 2017 Caratteri ha fatto parte della terna di finalisti del Premio Castello di Villalta Giovani, nel 2018 è stata tra i segnalati al Premio Bologna in Lettere (sezione poesia edita) e nel 2019 ha vinto il Premio Elena Violani Landi per l’opera prima del Centro di Poesia Contemporanea dell’Università di Bologna.
Sul sito dell’editore Vydia leggiamo questo breve estratto dalla prefazione di Gian Mario Villalta:
“(…) Se dovessi trovare un punto di maggiore profondità rispetto al quale entrare nel merito di Caratteri, lo situerei proprio nella relazione tra la lingua, il soggetto della lingua stessa e gli eventi che lo coinvolgono, alla ricerca di catturare un tempo vissuto non appaltato allo strapotere della comunicazione. Un tempo dove gli eventi quotidiani che hanno impronta di sé e lo tsunami di accadimenti che ci travolge a ogni istante attraverso la comunicazione non si confondono né rimangono tra loro irrelati. Si tratta della differenza tra contemporaneità e attualità, dove l’attualità è iperproduzione di informazioni che rischiano di cancellare la memoria e la coscienza del tempo vissuto: ognuno di noi, infatti, vive una sua attualità, ma il senso di questa attualità dovrebbe fiorire dalla sua intera esperienza esistenziale.” (dalla Prefazione di Gian Mario Villalta)
Di seguito una breve selezione di testi da Caratteri:

nomadi

La tapparella abbassata sta vibrando e il chiarore
che la attraversa fila un abaco sul grande tappeto
che ha portato dal magazzino di sua madre. Lei ora non c’è,
così posso fare i conti con i miei novemila giorni di vita.
Mi sembra una cosa ridicola. Un numero tanto grande
per qualcosa di tanto piccolo.
La plafoniera sospesa sul nostro letto
è un mondo di freddo sporco, una molle sfera di polvere
inchiodata nel soffitto. Su quella calotta una bufera silenziosa
si flette su un gruppo di nomadi vestiti d’azzurro,
li vedo lì tutti i giorni, che non avanzano di un passo.

* * *
cilindri azzurri

Un amico fumando al mio fianco si lascia alle spalle
dei cilindri azzurri. Vorrei aggrapparmi
a questo orizzonte di ferro ma l’orizzonte
non è una tenda e io non sono più il bambino
che giocava nella casa di montagna, sotto
alle fronde del ciliegio selvatico e vicino
alla casa giocattolo, di plastica bianca. Non
parliamo più, avremmo voluto bere ancora un po’.
Non abbiamo niente e non sappiamo
dove questa strada si riavvolga.
Forse le cose vanno bene così, c’è ancora
una gioia elettrica quando si è sulla soglia
dei vent’anni. Lui fa il barista dai cinesi,
io lavoro in un parco divertimenti, sono cowboy.

* * *
pecore, draghi, astronauti

Seduto sul bordo del letto ho preso tra le mani
la rivista. La copertina ritraeva una ragazza
dai capelli rossi come carote. La ragazza
si stava allacciando le scarpe. La si vedeva
di spalle, indossava degli short verde
militare, le gambe erano bianche come cera,
in tensione come corde di ferro, era un esercizio
di yoga? Si vedevano le cordicelle gialle
del tanga e una feritoia di luce era messa
tra le cosce serrate. La faccia della ragazza
si trovava a sinistra del ginocchio sinistro,
lei così poteva guardare chiunque
la guardasse. Sorrideva ma
non le si vedevano i denti, anzi,
il suo sguardo si concludeva alcuni centimetri
dietro di me e questo mi faceva sentire come se
ci fosse qualcun’altro nella stanza. Stringevo
la rivista tra le mani e potevo coprirle la faccia
con il pollice. Quando lo facevo solo una cornice
di capelli restava a galleggiare sullo sfondo
turchese. Schiacciavo quella faccia
come avrei fatto con una delle pulci del gatto.
Forte, perché solo così avevo la certezza
che non avrebbe più potuto fare il balzo.
Poi mi misi a guardare la donna distesa
sulla pancia accanto a me. Nuda e fresca,
fresca come una pietra inerte nel greto
di un fiume. Stava leggendo aveva le cuffie
sulle orecchie. La musica mi raggiungeva
come se quella fosse stata una macchia,
come quando ci si trova sott’acqua e le pale
di un motoscafo si avvicinano e il suono rimbalza
sulle pareti del lago di origine glaciale.
Buttai la rivista per terra e mi distesi del tutto,
a quel modo potevo guardare il cielo negli occhi,
quel cielo che, sopra noi due, spingeva
sul lucernario per entrare con tutto se stesso.
Le nuvole su di lui, e i tagli aperti tra le nuvole.
Mi tornò alla memoria una giornata
della mia infanzia, stavo sdraiato con mia madre
nell’erba alta e umida, insieme davamo un nome
a tutto ciò che scorreva nello schermo azzurro.
Pecore, draghi, astronauti, gabbie, fiori, farfalle,
scheletri, motociclette, diavoli. Alla stessa visione
davamo nomi del tutto diversi.

* * *
diciannovesimo piano

Siamo entrati nel nuovo appartamento,
diciannovesimo piano, diciannovesimo pianto,
vista sui grattacieli che stanno rimpiazzando
uno degli ultimi villaggi. Pulendolo
ho avuto modo di comprendere che la polvere
ci è sgradevole solo in modo transitorio,
poiché con l’umidità di questi luoghi presto
si raggruma, si fa terra, si fa muschio bianco,
erba nera; chissà – con la dovuta pazienza
sarà la radice, che scenderà giù, nel profondo,
tra le scapole. Non sono mai stato un buon cristiano
ma dico tra me e me, polvere sei, polvere
ritornerai – tu, amore, dall’altra stanza,
mi chiedi se ti stia chiamando, ti rispondo
che vita siamo, vita – siamo.

(Francesco Maria Terzago, Caratteri, Vydia Editore, 2018)

Francesco Maria Terzago è nato a Verbania nel 1986 e vive a La Spezia.
I suoi versi sono presenti in riviste quali: Nuovi Argomenti, Smerilliana, Italian Poetry Review e ClanDestino.
Ha trascorso due anni in Cina, a Guangzhou, grazie a delle borse di ricerca, indagando il fenomeno della Street Art. Sempre in quel periodo ha insegnato italiano per il progetto Marcopolo/Turandot e ha collaborato con il Guangdong Museum of Art.
Ha scritto di poesia di strada e street art per Boll ’900. Fa parte del collettivo Mitilanti della Spezia e del comitato di ricerca sulla creatività urbana Inopinatum.
Collabora con Argo, di cui è responsabile creativo per l’Annuario di poesia e del sito poesiadelnostrotempo.it.
Con Galerie21 ha scritto di artisti come CCH ed Elio Marchegiani.
Su atelierpoesia.it sono disponibili alcune sue traduzioni, dal cinese, dei versi di Ren Hang; alcune sue poesie si trovano su Nazione Indiana.
È presente in varie antologie, ultima delle quali è Voci di oggi, Istos. Ha pubblicato tre racconti fotografici: Euridice, su leparoleelecose.it; La mobilità del marmo, In Pensiero e, con il fotografo Jacopo Benassi, Anche loro sono riders, Riders.
Alcuni suoi testi sono stati tradotti in gallego, inglese e turco.
Per saperne di più, ecco  qui  il link per il sito di Francesco Maria Terzago.

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